Il Monte di Pietà a Roma

Il Monte di Pietà a Roma

BREVE CRONACA DEL MONTE DI PIETÀ A ROMA

A Roma il Monte di Pietà fu fondato nel 1527 (più tardi, quindi, rispetto ad altre città dell’Italia centro-settentrionale, come abbiamo già ricordato nell’articolo “Origini e Sviluppo dei Monti di Pietà”) da Giovanni Maltei da Calvi, Commissario della Curia Romana dell’Ordine dei Frati Minori Osservanti, con il medesimo scopo istituzionale di elargire credito su pegno ai meno abbienti con un tasso di interesse nullo o molto basso.

L’obiettivo dichiarato era arginare, se non addirittura soppiantare, il fenomeno dell’usura gestito dai banchi privati. Ufficialmente la nascita del Monte di Pietà a Roma viene identificata con il 1539 in quanto fu in quell’anno che l’istituzione venne approvata da Paolo III Farnese con la Bolla “Ad Sacram Beati Petri Sedem”.

L’amministrazione del Monte venne affidata alla Confraternita di S.Maria del Sacro Monte di Pietà e posta sotto la protezione di potenti cardinali quali Francesco Quiñones, Rodolfo Pio di Carpi e Carlo Borromeo (al quale sono attribuiti gli statuti del 1565), grazie ai quali sia la confraternita sia il Monte ottennero numerosi riconoscimenti pontifici.

Costituzione patrimoniale

La svolta radicale dell’istituzione avvenne nel 1584, quando Gregorio XIII, con il breve “Inter multiplices”, dispose che tutti i depositi legali e giudiziali superiori a cinque scudi dovessero essere effettuati esclusivamente presso il Monte.

Le somme depositate vennero pertanto utilizzate per l’attività di credito su pegno, per cui iniziò una graduale ma costante riduzione del tasso d’interesse richiesto fino a raggiungere, nel 1636, la completa gratuità per i prestiti non superiori ai trenta scudi.

Le prime sedi

All’inizio il Monte di Pietà di Roma non ebbe una sede stabile: la prima ubicazione conosciuta fu “presso l’abitazione di Giovanni Pietro Crivello dinanzi a S.Lucia Nuova”, ovvero l’attuale chiesa di S.Lucia del Gonfalone, e presso l’attiguo edificio in via dei Banchi Vecchi 22 conosciuto come Casa dei Pupazzi (per la ricca decorazione in stucco che caratterizza la facciata) o palazzo Crivelli, di proprietà di Giovan Pietro Crivelli, che svolse la sua attività di orefice principalmente presso la Corte pontificia.

Crivelli collaborò in prima persona al progetto di Giovanni Maltei da Calvi mettendo a disposizione la propria bottega per l’attività di prestito e successivamente cedendo al Monte i diritti e l’uso della bottega e della casa sovrastante.

Evidentemente però la sede non dovette soddisfare le esigenze dell’istituzione perché risulta che già nel 1557 il Monte operasse presso una delle case di proprietà di Caterina Orsini in piazza Catinara, un luogo scomparso alla fine dell’Ottocento per l’apertura di via Arenula e che doveva essere situato nell’area dove oggi si apre largo Arenula.

La sede di via dei Coronari

Dopo una temporanea quanto imprecisata permanenza presso un’altra abitazione di proprietà della Compagnia di Gesù, finalmente nel 1585 Sisto V fornì all’istituzione una sede più idonea nella “strada detta di San Salvatore in Lauro”, ovvero l’odierna via dei Coronari, acquistando al prezzo di 7000 scudi il palazzo da Clemente Buccelleni, un ricco mercante bresciano che aveva acquisito in dote l’edificio dalla moglie Gloria Biondo, discendente del famoso storico ed umanista Flavio Biondo.

A testimonianza dell’antica sede dell’istituzione, l’elegante palazzo al civico 31, oggi conosciuto come palazzo Salimei, conserva tuttora sulla facciata lo stemma del Monte di Pietà e due iscrizioni che narrano la storia dell’edificio.

Nell’iscrizione di sinistra si legge: “SIXTUS V PONT MAX AD SUBLEVANDUM PAUPERUM INOPIAM MONTI PIETATIS INCERTA IN HANC DIEM SEDE PROPRIUM HOC DOMICILIUM AERE SUO DICAVIT MDLXXXV PONT ANNO I”, ovvero “Sisto V Pontefice Maximo, per alleviare l’indigenza dei poveri, a proprie spese dedicò questa dimora al Monte di Pietà che fino ad oggi ebbe incerta sede – 1585 – Anno Primo di Pontificato”.

Nell’iscrizione di destra si legga: “AEDES IAM PUBLICO BONO DICATAS QUAS CLEMENTE VIII P.O.M. TRANSLATO MONTE PIETATIS PROPE JANICULENSEM PONTEM PRIVATO CESSERAT LARI TEMPORUM INIURIA LABANTES CURATORES SACRI MONTIS A FUNDAMENTIS REFICI CURARUNT A.S. MDCCLII”, ovvero “(Questa) casa, già dedicata a bene pubblico, che Clemente VIII Pontefice Ottimo Maximo, avendo trasferito il Monte di Pietà presso il ponte Gianicolense (ponte Sisto, ovvero nella sede di piazza del Monte di Pietà), aveva trasformato in dimora privata, fatiscente per l’ingiuria del tempo, i Curatori del Sacro Monte rifecero dalle fondamenta nell’Anno della Salvezza 1752”.

Dopo una permanenza durata 18 anni, anche questa sede, seppure ristrutturata ed adibita alla nuova destinazione d’uso, si rivelò inadeguata, probabilmente per l’alto numero di depositi e pegni, anche ingombranti, che dovevano essere custoditi, per cui si rese necessaria una sede più grande.

Nel 1603 Clemente VIII risolse il problema mediante l’acquisto del palazzo nel rione Regola, costruito nel 1588 da Ottaviano Mascherino per la famiglia Santacroce, poi acquistato nel 1591 dalla famiglia Petrignani di Amelia.

Dopo il trasferimento del Monte nella nuova sede, l’edificio su via dei Coronari, rimasto in proprietà dei Curatori del Sacro Monte di Pietà, fu chiamato palazzo del Monte Vecchio, un odonimo che tuttora rimane nella piazza e vicolo limitrofi.

 

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